Analisi del commento dello scrittore Giuseppe Mendicino sulla costruzione di nuovi impianti sciistici sulle Dolomiti
Giuseppe Mendicino scrive “Le Dolomiti non saranno più quelle che conosciamo. Potremo solo raccontare ai nostri nipoti com’erano prima di essere travolte da una ragnatela di ferraglia, cemento e piloni, sbancamenti per creare bacini artificiali finalizzati al prelievo dell’acqua con cui innevare artificialmente le piste di discesa ricavate dallo spianamento di interi versanti delle montagne. Il tutto per far sciare su ridicole serpentine di neve finta (perché nel prossimo futuro di neve vera ne avremo sempre meno) orde di sciatori in fila per tre e per far arricchire non i montanari, ma le solite ristrette categorie di costruttori, progettisti, affaristi, ecc.”
Si parla infatti del progetto del nuovo “Carosello delle Dolomiti”, che intende collegare tre fra le ski aree più spettacolari delle Alpi: il Sellaronda, che unisce le valli ladine fra Alto Adige, Veneto e Trentino, le sette zone sciistiche di Cortina d’Ampezzo e il Giro della Grande Guerra, che sopra Alleghe gira attorno alle cime di Civetta, Pelmo e Tofana per un totale di 1300 km di piste, ovvero creando il circuito più grande del mondo.
Come? Attraverso un nuovo impianto di collegamento tra Arabba e Cortina d’Ampezzo.
Ma vi sono parecchie perplessità in merito, oltre che delle associazioni ambientaliste di città, soprattutto di molti residenti. Per esempio il sindaco di Arabba, Leandro Grones, definisce il progetto un “inutile eco-mostro”. E in effetti le problematiche toccate sarebbero molteplici.
La prima. Traforare e costruire su dei siti di inestimabile valore storico e simbolico legati alla Grande Guerra, dopo che milioni di euro sono stati spesi negli anni per la riqualificazine di questi importanti pezzi di memoria collettiva.
La seconda, legata agli ormai sempre più manifesti cambiamenti climatici: mentre il ghiacciaio della Marmolada continua a scomparire sotto i nostri occhi e non sapremo se sarà ancora possibile sciare e soprattutto quanto potrà costare tra un decennio, si vuole comunque insistere nel cementificare ulteriormente la montagna con un’opera tutt’altro che ecosostenibile.
Terzo: l’UNESCO garantisce protezione valorizzazione di patrimoni cui è garantita la tutela ambientale e culturale anche per le prossime generazioni. Ed è esattamente quello che accadde per esempio al Sella e Sassolungo in Alto Adige, due fra le mete più importanti delle Dolomiti per il turismo sciistico di massa, esclusi con molte polemiche dalle Dolomiti UNESCO perchè “assenti di un sistema di gestione che assicuri in modo permanente la conservazione del territorio e della biodiversità” e caratterizzati da un ambiente “eccesivamente antropizzato“.
Quarto: il Carosello delle Dolomiti esiste già. Si chiama Dolomiti Super Ski e permette, con un unico ski pass, di sciare rispettivamente in due regioni e tre province diverse, con 1200 km di piste a disposizione e di cui il comprensorio di Arabba è già al centro.
Quinto: l’opera costerà tra 80 e 100 milioni di euro, solo metà dei quali garantiti dalle società private degli impiantisti e l’altra metà da fondi pubblici. Molti si chiedono se questi fondi non possano essere investiti in altre politiche volte ad rimarginare lo spopolamento della montagna, come per esempio l’investimento in servizi utili per i residenti (istruzione, sanità, poste) o nell’aiuto ai piccoli imprenditori locali (solo una parte dei quali lavora in attività connesse al turismo sciistico) e di cui le vallate Dolomitiche stanno affrontando un’emorragia. Il rischio è di fare la fine che ha già fatto Venezia, vista anche agli occhi di molti turisti che la visitano come una sorta di Disneyland sovraffollata e impossibile da vivere. Un’attrazione calpestata da migliaia di turisti al giorno, che restano normalmente non più di 2 giorni per fare qualche selfie in gondola e che non hanno gli strumenti per comprenderne la vera bellezza e fragilità (del resto, sgomitare tutto il giorno in mezzo ad una ressa inferocita permette di godersi ben poco).
Di questo passo le Dolomiti non saranno più quelle che conosciamo: ovvero per molti amanti della natura di tutto il mondo un luogo di pace, silenzio, sublime, spiritualità, solitudine, dove anche l’ambizione umana si sente soggiogata dalla maestosità di Madre Terra. Luoghi rimasti intatti per migliaia di anni prima dell’uomo, dove esso è sempre stato costretto a scontrarsi con i propri limiti.
In definitiva, qualunque opinione si abbia in merito, siamo di fronte ad importante scelta per le Dolomiti che risponde alle domande: che cosa vogliamo diventare? E ancora, che cosa vogliamo lasciare alle future generazioni?