Le CSA (Comunità a Supporto dell’Agricoltura): una realtà emergente, ora anche nel bellunese

Che cosa sono le CSA?

Le CSA (acronimo di Comunità a Supporto dell’Agricoltura) sono progetti agricoli e sociali finalizzati alla creazione di circuiti locali di produzione e consumo di cibo, e che si caratterizzano per il rapporto diretto e ‘democratico’ tra produttori e cittadini-consumatori.

Le CSA possono essere organizzate in vari modi, ma la loro caratteristica comune è la condivisione dei rischi e dei benefici dell’attività agricola. I soci consumatori che aderiscono al progetto versano una quota annuale che serve a finanziare la produzione agricola a inizio stagione e a coprire costi quali l’acquisto di sementi e attrezzature. In cambio, i produttori si impegnano a garantire ad ogni socio una cassetta settimanale di ortaggi di stagione, che può contenere anche frutta, uova, miele e altri prodotti agricoli a seconda del tipo di produzioni dell’azienda.

La maggior parte delle CSA prevede anche incontri per definire in modo collettivo aspetti organizzativi, come ad esempio il tipo di colture da inserire o togliere. Nelle CSA vengono quasi sempre utilizzate pratiche biologiche, biodinamiche o rigenerative, anche se le aziende non sono necessariamente certificate: si basano infatti sull’idea che ci sia un ‘controllo’ diretto da parte dei soci. Questi aspetti rendono le CSA dei veri e propri progetti agricoli, in continua evoluzione e ampliamento, e caratterizzati dalla co-produzione e co-partecipazione tra produttori e soci.

A partire da questo modello di base le CSA sono strutturate in modi diversi, a seconda delle dimensioni, del numero di produttori e cittadini coinvolti e della filosofia che le guida: si va dalle grandi CSA vicine a centri urbani che riuniscono numerosi produttori e centinaia di soci (per esempio Arvaia a Bologna, la prima CSA in Italia) a CSA più piccole in cui un singolo produttore si appoggia ad un piccolo gruppo di consumatori locali.

Le CSA hanno parecchi vantaggi rispetto sia alla più conosciuta ‘filiera corta’ che alla grande distribuzione convenzionale: non solo permettono di sostenere in modo concreto e diretto i piccoli produttori che si impegnano a coltivare in modo rigenerativo e rispettoso dell’ambiente, ma rafforzano anche il senso di comunità e di supporto reciproco.

Il primo grande vantaggio del modello CSA rispetto alle normali aziende è che i produttori non sono costretti a decidere quanto produrre in modo arbitrario per poi sperare di riuscire a piazzare tutto sul mercato: con le CSA possono sapere fin da inizio stagione quanto cibo produrre in base al numero di soci, evitando così sprechi e sovrapproduzione. Questo sistema avvantaggia anche i consumatori, che ricevono (in azienda o a domicilio) una ricca cassetta settimanale di verdure appena raccolte, con l’ulteriore garanzia di poter interagire direttamente con il produttore e di potersi informare sui metodi utilizzati nella produzione. Per non parlare della soddisfazione di sostenere l’agricoltura locale!

Le CSA rappresentano inoltre delle opportunità di ripensare in modo profondo e duraturo le proprie abitudini alimentari e stili di vita, e il proprio approccio al consumo di cibo. Il contenuto delle cassette settimanali viene infatti deciso dal produttore (a fronte di una quantità e varietà minime garantite) in base alle disponibilità di stagione. In un’epoca in cui siamo abituati a trovare al supermercato prodotti omologati, fuori stagione e spesso trasportati per migliaia di chilometri, questa è una lezione importante, che aiuta a riscoprire varietà rare e locali, ma anche il valore della stagionalità e del ‘saper aspettare’.

Le CSA nella Provincia di Belluno

Le prime CSA sono nate in Giappone negli anni 60’, per poi essere ‘reinventate’ negli Stati Uniti e in alcune parti d’Europa negli anni 80’. È solo nell’ultimo decennio che sono arrivate in Italia, dove le più conosciute e citate sono grandi realtà come Arvaia a Bologna. E nel bellunese?

Il modello CSA approda nel bellunese nel 2016, grazie all’intraprendenza di Dimitri e Isabella dell’azienda ‘Terra Viva Agricoltura Naturale”, che si trova a Stabie di Lentiai. La loro è una CSA che, pur operando in un contesto locale, è cresciuta fino ad avere, nel 2019, ben cinquantacinque soci a partire dai dodici iniziali! In più, nel corso del 2019 sono nate almeno altre due piccole CSA, una a San Gregorio nelle Alpi ed una a Santo Stefano di Cadore. Nonostante l’iniziale reticenza da parte dei consumatori, considerato il fatto che si tratta di un modello nuovo, ancora poco conosciuto e in apparenza più ‘impegnativo’, l’esperienza di Terra Viva e la nascita di nuove CSA sono segnali positivo per il futuro dell’agricoltura in Provincia, e in particolare per quella piccola agricoltura che crede nell’importanza della (bio)diversità e nelle pratiche biologiche e rigenerative.

È di fondamentale importanza sostenere questo tipo di iniziative ‘dal basso’ che uniscono agricoltori e cittadini, creano comunità e che sono vantaggiose per tutti coloro che ne sono coinvolti. Sono modelli che si basano sul sostegno reciproco, sulla volontà di sostenere economie locali virtuose e sulla ricerca di rapporti tra produttori e consumatori che vanno al di là del semplice scambio commerciale. Tutto questo si traduce in un legame più profondo con il cibo di cui ci nutriamo, ma anche con il territorio che contribuiamo a preservare tramite il sostegno ad aziende che sono impegnate a produrre nel rispetto dell’ambiente.

Questo è particolarmente importante in un luogo come la provincia di Belluno, lontana dai grandi centri urbani e dove le piccole aziende che seguono modelli alternativi ed eco-sostenibili non possono contare su grandi numeri che i produttori di pianura riescono a raggiungere. La solidarietà e il sostegno diretto sono forse l’arma più potente che le piccole città e i paesi delle ‘aree interne’ possono mettere in campo per combattere la desertificazione agricola e produttiva che li minaccia, e allo stesso tempo proteggere il proprio territorio.

Ben lontane dall’essere solo iniziative ‘per gente di città’, le CSA sono quindi forme di innovazione produttiva, economica e sociale, che hanno grandi potenzialità per supportare i produttori che si stanno impegnando a reinventare le economie agroalimentari locali con un occhio di riguardo per la sostenibilità.

Chi è Simona Zollet?

Simona Zollet, originaria di Feltre in provincia di Belluno, ha studiato Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e la Natura presso l’Università degli Studi di Udine, per poi conseguire la laurea specialistica nel programma internazionale Joint International Master in Sustainable Development all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Attualmente sta lavorando al conseguimento del Dottorato di Ricerca all’università di Hiroshima (Giappone) con un progetto di studio comparativo sull’agricoltura biologica di montagna in Italia e Giappone. I suoi interessi di ricerca includono le varie forme di sviluppo endogeno nelle aree marginali, in particolare quelle legate all’agricoltura sostenibile, e i processi di migrazione ‘di ritorno’ verso le zone rurali, soprattutto in relazione ai nuovi agricoltori.