Le storie sono un’arma molto potente, perchè ci permettono di creare dibattito, conoscenza, confronto con l’altro. Raccontiamo le storie dei giovani Bellunesi emigrati per creare un ponte, perchè alla maggior parte di loro sentir nominare le Dolomiti fa ancora battere il cuore e rivivere ricordi d’infanzia. Raccontare storie crea consapevolezza, e LA CONSAPEVOLEZZA È UN’ARMA DI COSTRUZIONE DI MASSA.

 

Ciao, mi chiamo Tara Riva, ho 26 anni e attualmente risiedo a Bruxelles. Sono nata in Iran ed ho la mamma iraniana ed il papà italiano, di Alleghe

Sono attualmente specializzata in Relazioni Internazionali, ho conseguito una laurea triennale all’Università di Bologna in Scienze Internazionali e Diplomatiche nel 2014 e un Master dall’Università di Sheffield (nel Regno Unito) in Global Security Studies.

Di cosa ti occupi attualmente? Qual è il tuo sogno nel cassetto?

Attualmente lavoro a Bruxelles, dopo qualche stage qua e la’. Ho lavorato per un periodo alle Nazioni Unite a Ginevra e un periodo al Parlamento Europeo a Bruxelles. Oggi sono Advocacy Officer per la International Society of Nephrology. In parole semplici: faccio lobby nelle istituzioni internazionali (principalmente l’Organizzazione Mondiale della Sanita’) per tutelare i diritti dei malati di patologie renali.

Non ho un unico sogno nel cassetto, ma tanti piccoli progetti che vorrei realizzare: avere una discreta carriera nell’ambito di Health Policy a livello internazionale (principalmente con l’OMS), togliermi degli sfizi particolari (sogno da sempre un viaggio con l’Orient Express, per esempio) e avere dei figli.

Perchè hai deciso di partire?

In realta’ ho sempre saputo che non avrei mai vissuto tutta la vita ad Alleghe. Mio padre (Massimo Riva, di Alleghe) ha vissuto in vari Paesi (Iran, Iraq, Egitto, Kazakistan, ecc) ed in Iran ha conosciuto mia madre. Ho vissuto quasi sempre in Iran finche’ non ci siamo trasferiti in Italia nel 2004, quando io avevo 12 anni. Ho sempre avuto le idee chiare sul fatto che, una volta lasciato l’Agordino per gli studi universitari, avrei cercato di viaggiare il piu’ possibile per poi stabilirmi in un luogo in cui avrei potuto svolgere un lavoro nel mio ambito di studi.

Quali sono state le tue esperienze in Italia o all’estero più significative dopo la tua partenza da casa? Cosa hai imparato?

Ho imparato ad essere piu’ intraprendente, flessibile e tenace. Ho imparato ad adattarmi, rispettare e soprattutto a farmi rispettare. Avevo spesso la sensazione che se avessi continuato a vivere ad Alleghe, sarei cresciuta in un ambiente estremamente “protetto”. Ho preferito espormi e confrontarmi con persone prima da tutta Italia e poi da tutta Europa (negli ultimi otto anni ho vissuto in cinque citta’ diverse ed in quattro Paesi diversi), imparando molto da ogni esperienza. Se, da una parte, il confronto con il diverso mi ha arricchita molto, ho dovuto affrontare anche esperienze negative, da sola e con le mie forze. Il senso di indipendenza e la forza che ne trai sono indescrivibili. Sapersi adattare a piu’ contesti, essere flessibili e sapersi muovere in un mondo che non segue necessariamente le tue logiche, i tuoi ritmi e le tue abitudini sono aspetti che sono, per me, di fondamentale importanza.

Ora che sei da vario tempo fuori dalle Dolomiti, come le vedi da fuori? Come descriveresti la situazione di chi ci vive? Quali sono i pregi e i difetti della vita in montagna e di chi ci vive, paragonata ad altre parti di Italia o del mondo?

Ho lasciato Alleghe nel 2011, a 19 anni. All’epoca avevo bisogno di fuggire e di poter finalmente vivere in posti dove potevo coltivare con piu’ facilita’ i miei interessi: dal cinema vicino a casa alla voglia di fare volontariato per qualche ONG (conosco Emergency Belluno e in passato ho fatto del volontariato, ma per una 18enne che vive ad Alleghe non e’ semplice fare oltre 100 km di strada). Su questo non avevo torto: per me vivere ad Alleghe sara’ sempre difficile, perche’ mi sento isolata e spesso ho la sensazione che si viva in una sorta di “piccolo mondo dorato e perfetto”, distaccato dalla realta’, dove e’ bello rifugiarsi ogni tanto, ma non per sempre. L’isolamento puo’ essere un pregio per chi vuole una vita tranquilla e chi ama la montagna, lo sport, la natura e la nostra gente conserva egregiamente quel meraviglioso territorio proprio perche’ ne ama queste caratteristiche.

Aggiungo che percepisco che gli agordini siano felici di vivere in quelle terre, anche se spesso si lamentano di sentirsi “abbandonati” dalla regione. Scegliere di vivere in montagna e’ una sfida, ha le sue difficota’ ma da’ anche soddisfazione alle persone che la abitano. Vivere nel “piccolo mondo dorato e perfetto” ha sicuramente i suoi pregi ma, ripeto, espone al rischio di vivere distaccati dal resto del mondo, magari facendo piu’ fatica rispetto ad altre persone nell’adattarsi a contesti diversi, una volta usciti da questo ambiente protetto.

Ad oggi adoro tornare a casa per brevi periodi, rivedere i miei amici e professori di cui ho dei ricordi meravigliosi. Mi sento fortunata ad aver passato ad Alleghe diversi anni della mia vita e di avere sempre una casa fra quelle bellissime montagne, ma solo per qualche giorno.

Quali sono i più bei ricordi che hai delle Dolomiti?

Ho passato ad Alleghe tutte le estati dal 1999 al 2004. All’epoca frequentavo le elementari alla Scuola Italiana di Teheran (Iran), citta’ molto grande ed inquinata, dove la mia vita era quella della classica bambina di città, quasi mai all’aria aperta. Passare l’estate ad Alleghe significava poter giocare liberamente con altri bambini,correre all’aria aperta, andare in bici e vivere liberamente. In quel periodo il mio posto preferito al mondo era proprio Alleghe.

In cosa ti senti ancora legata alle Dolomiti? Cosa ti sta a cuore?

Quando mio padre chiese a mia madre di sposarlo, le disse che avrebbe voluto dare ai loro futuri figli i migliori aspetti della cultura iraniana e italiana. Sto cercando di essere all’altezza delle sue aspettative, prendendo da Alleghe la voglia di aiutarsi, lo spirito di comunita’ e soprattutto il buon cuore nascosto sotto quella scorza dura delle persone di montagna. Io ho sempre sostenuto che i “montanari” non siano pienamente consapevoli del proprio buon cuore, tenendolo spesso nascosto per motivi che ancora non mi sono chiari.

Cosa ti manca di più delle Dolomiti?

Il profumo del bosco dopo la pioggia. Quando piove a Bruxelles (….purtroppo spesso…) cerco di avvicinarmi ad un parco e annusare quel profumo che mi ricorda le bellissime estati in montagna.

Immagino tu sia a conoscenza del problema dello spopolamento della montagna. Come immagini il futuro della montagna Bellunese tra 10 anni? Come pensi si potrebbe porvi rimedio, sia a livello di singoli cittadini che istituzionale?

Sono sicura che nessuno di noi bellunesi all’estero sia esente dai sensi di colpa. Ci sono molti ragazzi che dopo gli studi universitari e dopo varie esperienze in altre citta’ o in altri Paesi, tornano a casa. Secondo me e’ su loro che bisognerebbe puntare, fidandosi del loro intuito, dei loro studi e delle loro nuove idee (strategie di Marketing, Social Media, Tourism Management, ecc). Questo da una parte stimola i ragazzi a tornare a casa e dall’altra parte ci tiene al passo con i tempi. Bisogna superare la mentalita’ (non agordina, ma italianissima) del “abbiamo sempre fatto cosi’, non cambiamo strategia” disincentivando la creativita’ di chi ha tanto entusiasmo e che puo’ dare un valido contributo alla propria terra. Parlo di Marketing per un motivo: non dobbiamo inventarci niente di nuovo, abbiamo gia’ un territorio meraviglioso e tanti tesori che dobbiamo soltanto cercare di valorizzare vendere al meglio.

A livello istituzionale la questione e’ piu’ complicata. Purtroppo non mi sono mai sentita molto coinvolta nella politica locale, ma intuitivamente l’idea di una Macroregione Alpina mi sembra la piu’ ragionevole.

L’alluvione delle ultime settimane è stata piuttosto scioccante e sono necessarie delle riflessioni. Cosa hai imparato? Di cosa ti sei resa conto?

Secondo me vanno distinti gli interventi di lungo periodo da quelli di breve periodo.

Mi ricollego alla questione della Macroregione Alpina per quanto riguarda gli interventi di lungo periodo: il cambiamento climatico e’ un problema reale le cui conseguenze avranno un crescente impatto sulla nostra vita. Pertanto, trovo logica la soluzione di creare enti amministrativi a seconda delle aree che affrontano problematiche simili. In questi giorni ho avuto modo di studiare il rapporto ISPRA sulle aree a pericolosita’ da frana ed il Veneto ne e’ quasi totalmente esente se non fosse per quella piccola porzione rappresentata dalle Dolomiti. Le province delle altre regioni sono piu’ omogenee sotto questo punto di vista. Non e’ piu’ possibile ignorare questi aspetti, poiche’ l’Italia e’ uno dei Paesi europei con maggiori fenomeni franosi (e, probabilmente, uno dei piu’ colpiti dalle conseguenze dei cabiamenti climatici).

Per quanto riguarda le misure di breve periodo, credo che sia necessario fare un vero e proprio lavoro di “resilience building” nell’Agordino, prevedendo le problematiche che possono nascere all’indomani di un’alluvione e cercando di essere preparati, con generatori di emergenza e protocolli da seguire in modo tale da evitare l’isolamento totale rimanendo privi di corrente, acqua, telefoni ed internet contemporaneamente.

Come pensi che potresti comunque essere di supporto alla tua terra di origine? C’è qualcosa in concreto che già stai facendo o che vorresti fare?

In questi giorni di emergenza, ho cercato di fare quel che al lavoro chiamiamo “awareness raising”, nel mio piccolo. Non riuscendo a contattare mia mamma, mi rendevo conto che la situazione doveva essere piuttosto grave e vedendo l’iniziale disattenzione dei media, ho contattato giornalisti, fatto interviste e cercato di condividere articoli e aggiornamenti sul mio profilo.

Purtroppo ci si sente spesso impotenti quando si assiste a questi eventi drammatici. Ho cercato di fare del mio meglio ma mi rendo conto che l’unico vero lavoro lo ha fatto chi era li’ a ripulire le strade e le case. E’ difficile perdonarsi la lontananza, in questi casi.

Che progetti hai per il futuro? Come ti vedi tra 5 anni?

Spero di poter continuare a lavorare nell’ambito di Health Policy/OMS in quanto Advocacy Officer. Non so se vivro’ ancora a Bruxelles, ma non e’ la mia priorita’. Forse mi sposero’, non ne ho idea, ma spero tanto di avere dei figli nei prossimi cinque anni!

Pensi che potresti tonare a vivere sulle Dolomiti un giorno? 

No, non credo che vivrò ad Alleghe. Mi piace sentirmi isolata in periodi particolarmente stressanti, ma vedo il ritorno a casa più come una breve tregua e non una scelta permanente. Trasmetterò i valori che mi ha dato la montagna ai miei figli, esattamente come insegnerò loro i valori che porto nel cuore dall’Iran. Mi piacerebbe tornare un giorno a vivere in Italia, ma probabilmente vivrò in altre regioni.

Articolo a cura di Claudia Soppelsa